domenica 22 gennaio 2012

Scrivere è una questione di chimica...

Io, dovete sapere, ho un vizio: quando qualcuno mi fa una domanda, tento sempre di rispondergli. Il che non è sempre la cosa migliore da fare, perché non è detto che ogni domanda si attenda una risposta: a volte la cosa è scontata («Il signore gradisce un dolce?»), a volte è probabile («Come posso arrivare a Piazza dei Miracoli?») e a volte è sconsigliabile anche solo tentarci («Chi era quella biondina con la faccia da idiota e la minigonna con cui ti tenevi a braccetto oggi alle tre?»). Io, invece, prendo sempre le domande molto sul serio, e nessuno specchio mi sembra mai impossibile da scalare. Per cui, quando mi chiedono che cosa c’entra la chimica con la scrittura, mi sento quasi in dovere di dare una risposta; e in questo caso mi va bene, perché tra la scienza di chi sintetizza nuove molecole e l’arte di accordare parole in racconti e romanzi c’è un aspetto globale in comune, e questo aspetto è il metodo.

Un chimico, infatti, quando vuole provare a sintetizzare una molecola, agisce per stadi: ricerca, sintesi, caratterizzazione, purificazione. Esattamente come uno scrittore che decide, o che sente il bisogno, di scrivere un romanzo. Tanto per fare un esempio a caso, un romanzo giallo.

Per sintetizzare una nuova molecola, innanzitutto, bisogna accertarsi che la cosa abbia un senso: che, cioè, la molecola non sia mai stata fabbricata prima, oppure che sia possibile un modo migliore (meno tossico, più facile o, come quasi sempre accade, più economico) per ottenerla. La ricerca, appunto, che presuppone una conoscenza profonda della letteratura specifica, oltre a una conoscenza granitica dei principi primi della materia. Un po’ come lo scrittore che affronta una nuova trama per un giallo, a cui non verrebbe mai in mente di scrivere una storia come «dieci personaggi che non si conoscono vengono riuniti su un’isola deserta, uno di loro si finge morto e pian pianino uccide tutti gli altri».

Ovviamente, tutto questo se si tratta di fare cose originali; se si lavora per un’industria, di solito si è ben contenti di trovare la ricetta già pronta, e si tratta solo di adattarla al proprio impianto ed al proprio budget. Anche qui ci sono delle analogie con la scrittura: ma non quella di romanzi, quella di sceneggiature...

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fonte: Marco Malvaldi - Il Corriere della Sera online

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