giovedì 5 gennaio 2012

Parole nuove, che vengono e vanno...

Per conquistare uno spazio sulle pagine di un dizionario «classico», un termine deve affrontare l'esame severo di linguisti e lessicografi e, in generale, supera la prova solo dopo essere entrato da un pezzo nell'uso quotidiano.
Questo scarto fra linguaggio «ufficiale» e linguaggio parlato è destinato ad aumentare nell'era di Internet, visto che il nuovo medium funziona come potente dispositivo di produzione di nuove parole.
Per far fronte a tale sfida è nato Wordnik, un dizionario online di nuova generazione che sfrutta algoritmi che monitorano in tempo reale blogosfera, social network , archivi online e quant'altro in cerca di ogni tipo di innovazione linguistica.

"Il linguaggio evolve quotidianamente", sostengono gli ideatori del progetto "e noi, per essere in sintonia con i suoi mutamenti, aggiungiamo automaticamente i nuovi termini alle nostre voci a mano a mano che entrano in uso, senza sottoporli ad alcun filtro specialistico. Invece che alle tradizionali definizioni, i neologismi vengono associati a esempi tratti dal web per consentire all'utente di comprenderne il significato dal contesto". I linguisti hanno dato pareri contrastanti sull'esperimento: per alcuni si tratta di un lodevole sforzo di creare un dizionario più vicino ai reali interessi della gente; altri sostengono che Wordnik contiene non poche definizioni incomprensibili o scorrette, aggiungendo che non potrebbe essere altrimenti, visto che nessuna macchina può sostituire il lavoro di un esperto lessicografo.

Esiste tuttavia un altro interrogativo che si potrebbe sintetizzare così: è vero che assistiamo al proliferare di nuovi termini, ma è altrettanto vero che molte di queste parole appaiono destinate a sparire con la stessa rapidità con cui si sono diffuse, restando confinate nell'ambito delle mode culturali, ma, se le cose stanno così, elevandole al rango di voci di un dizionario «generalista» non rischiamo di «imbastardire» (riducendone il rigore e la precisione) il linguaggio più che di innovarlo?

fonte: Carlo Formenti - Il Corriere della Sera online

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